lunedì, giugno 25, 2007

La politica degli stipendi



Uno strumento importante per garantire l'efficienza del dipendente pubblico è lo stipendio, oltre, naturalmente, alle verifiche di produttività sull'operato. Le due cose sono in realtà collegate. Almeno dovrebbero. Spesso, però, questo non accade e troppo spesso sono proprio i dirigenti a non meritare gli enormi stipendi di cui godono.
Un buon dirigente prende decisioni, organizza il personale, favorisce l'amalgama del gruppo sviluppando le qualità di ognuno, adotta lui stesso una corretta politica degli stipendi verso i propri subordinati (brutta parola ma si dice così).
Invece, troppo spesso dicevo, il dirigente non fa tutte queste cose: c'è troppo da sbattersi, troppo da discutere, troppe responsabilità.
E allora ognuno fa da se: i più coscienziosi lavorano anche per gli altri che magari sono anche raccomandati e, in virtù di questo, prendono anche stipendi più elevati. Questi ultimi, infatti, si recano dal dirigente e contrattano sull'assegno ad personam, sul loro orario, sulle loro mansioni...Capita allora di vedere contratti part-time per fare non si sa bene cosa a 20-30-50 mila euro l'anno o anche più.
Qualche volta prendi il coraggio a due mani e decidi di chiedere anche tu, che ti fai il c*** tutto il giorno anche per quello che non fanno gli altri, un piccolo aumento, un riconoscimento. A questo punto, il 99% delle volte, ti senti dire che il budget è risicato e non lo permette.
Ma c****! E chi è che permette premi di produzione annui dai 30 agli 80-100 mila euro. Di produzione! Ma quale strac**** di produzione?

Spero che se li mangino tutti in medicine, diceva mia nonna.

1 commento:

STATALI - SocialNetwork ha detto...

"Rottamazione degli Statali": il governo demolisce il "dl Brunetta"!

Al via la norma definita ''rottamazione degli statali''! Tornano laurea e leva nel conteggio degli anni: i pubblici dipendenti che hanno accumulato 40 anni di contributi, compresi quelli figurativi, possono essere collocati a riposo dalle amministrazioni con un preavviso di sei mesi, anche se non hanno compiuto i 65 anni di età (limite per la pensione di vecchiaia). Da una parte si chiede alle donne di andare in pensione più tardi, perché non è giusto smettere di lavorare a 60 anni. Dall’altra si impone a tutti i dipendenti pubblici (donne comprese) di andare in pensione anche prima di aver compiuto 60 anni, perché bisogna rinnovare la pubblica amministrazione. Due emendamenti in evidente contraddizione fra loro vengono inseriti in una stessa legge! Questo è quanto prevede il cosiddetto decreto anticrisi approvato nelle Commissioni bilancio e finanze della Camera in barba a mister br. Sono esclusi da questa disposizione, che si applica per il tirennio 2009-2011, i magistrati, i professori universitari e i medici primari, mentre i medici di livello più basso rientrano nella "rottamazione". L'emendamento annulla la disposizione prevista nel "ddl Brunetta" in cui si faceva riferimento agli anni di contribuzione ''effettiva'', escludendo così i periodi di contribuzione figurativa che ora vengono computati nel calcolo dei 40 anni. Secondo quanto riferisce l’Inpdap, nel solo 2009 si arriverebbe a quasi 140 mila pensionamenti, cioè il doppio dell’anno scorso. Rientrerebbero nel limite, ad esempio, tantissimi medici che hanno riscattato gli anni dell’università e della specializzazione. Il nostro Paese è l'unico tra quelli dell'area Ocse in cui il rapporto tra medici in attività e popolazione è sceso, sempre tra il 1990 e il 2007, seppur di poco: siamo a circa 3,7 ogni 1.000 abitanti, contro una media Ocse del 3,1 (negli Stati Uniti ad esempio il rapporto è 2,4 su 1.000, in Francia 3,4). Intanto in Italia continuano a mancare decine di migliaia di infermieri rispetto al fabbisogno (60.000 in meno, secondo le stime di un paio di anni fa) e molte Regioni sono costretti a cercarli all'estero, soprattutto nell'Est europeo. La professione di infermiere non attira, e certo non aiutano i livelli retributivi più bassi di quelli di altri Paesi. Ma quando si parla, invece, di livelli retributivi molto più "alti" allora il discorso è completamente diverso ed ecco che spunta fra gli emendamenti presentati in commissione anche l'immancabile “leggina” ad personam. Le persone interessate in verità sono due. Uno è il direttore generale dell’Inps, Vittorio Crecco, l’altro è il direttore generale dell’Inail Alberto Cicinelli. Entrambi stanno per raggiungere i 67 anni, cioè l’età in cui tutti i dipendenti pubblici sono obbligati a lasciare il lavoro. Per loro, però, si sta prevedendo un’eccezione. Il tetto non vale più, e l’emendamento non indica neanche un limite più alto. In teoria, potrebbero continuare a lavorare per tutta la vita! Insomma una gran confusione! Da un decreto nato con il "presunto" intento di favorire la ripresa economica del paese, rischia di saltar fuori un nuova riforma previdenziale per il pubblico impiego con tante regole, cavilli e scappatoie, a volte anche personalizzate, che fanno a pugni fra loro, con il dl brunetta e con il comune buon senso.